domenica 30 gennaio 2011

Carrón: «Il senso religioso», una bussola per capire come Cristo cambia l’esistenza

In una società sempre più smar­rita e confusa, dove il desiderio di felicità innato in ogni uomo si appiattisce mentre crescono l’in­differenza e il cinismo, si gioca la sfida sulla credibilità del cristiane­simo. La sfida di ridestare l’umano, di testimoniare la pertinenza della fede con tutte le dimensioni della vita, la sua capacità di rispondere alla domanda di senso che abita nel cuore di ogni persona.

Con questa sfida don Giussani si ci­mentò a partire da­gli anni Cinquanta del secolo scorso, e 'Il senso religioso' è il libro (tradotto in 19 lingue) che documenta questo percorso. Dopo più di mezzo seco­lo Julián Carrón, che gli è succedu­to alla guida di Comunione e Libe­razione, lo ripropone come stru­mento di educazione alla fede: per tutto il 2011 sarà il testo della 'scuo­la di comunità', la catechesi popo­lare proposta a tutti gli aderenti al movimento e realizzata nelle scuo­le, nelle università, nei luoghi di la­voro e persino in carcere (vedere qui sotto). L’altra sera ne ha presentato i contenuti parlando davanti a 8mi­la persone che gremivano il Pala­sharp di Milano, mentre altre 50mi­la lo seguivano in diretta via satel­lite collegate con sale dislocate in oltre 180 città italiane: è la prima volta in Italia che un libro viene pre­sentato con questa modalità.

A fianco del tavolo da cui Carrón parla, campeggia un’enorme scrit­ta: «Vivere intensamente il reale». È uno dei leit-motiv di Giussani, che ha sempre scommesso sulla capa­cità del cristianesimo di permeare ogni aspetto dell’esistenza e di ren­dere pienamente umana la vita. La fede è capace di ride­stare l’io e di mante­nerlo nella posizione giusta per affrontare tutta l’esistenza, con le sue prove e la sua problematicità. Il senso religioso – l’a­spirazione che muo­ve ciascuno a cono­scere il senso delle cose e ad aprirsi a un 'oltre' che la ragione riesce solo a intuire – trova compimento nell’in­contro con Cristo e ne viene conti­nuamente alimentato: non ne è sol­tanto la premessa, ma lo strumen­to per verificarlo. Soltanto una rivi­sitazione del senso religioso con gli occhi della fede permette all’uomo di tenere desto il desiderio, di non ridurlo o di non dimenticarlo.

«Il motivo per cui tanti abbando­nano il cristianesimo – argomenta – è che non lo trovano umanamen­te conveniente, e così la mentalità dominante può allargare sempre più la sua influenza, trovando l’uo­mo sempre più disarmato». La vita può cambiare solo davanti a testi­moni credibili, che fanno riscopri­re la 'convenienza' dell’esperienza cristiana: è decisiva la categoria del­l’incontro, proprio come accadde all’inizio, quando Andrea e Giovan­ni si imbatterono nell’umanità di Gesù e da quella umanità rimasero indelebilmente segnati. Ma se que­sta dinamica non si rigenera conti­nuamente, si rischia di cadere nel formalismo, nella ripetitività di ge­sti e riti, nel sonno di una fede di­venuta stanca, nella scontatezza di un’appartenenza religiosa che alla lunga non regge il confronto con il mondo. «Possiamo continuare ad affer­mare le verità della fede ma non essere protagonisti della storia, poiché in noi non vi è nessuna di­versità rilevabile, come ha detto Be­nedetto XVI: ’Il con­tributo dei cristiani è decisivo solo se l’intelligenza della fede diventa in­telligenza della realtà».

L’emergenza educativa è uno degli aspetti più evidenti della crisi di senso che stiamo attraversando, co­me testimonia la Chiesa italiana che l’ha messa a tema in questo decen­nio di attività pastorale. Riguarda i giovani ma anche gli adulti, e ri­manda alla necessità di maestri a cui guardare, da cui imparare, a cui alimentarsi. Solo acquisendo una capacità di conoscere la realtà e di giudicarla, le giovani generazioni possono superare lo smarrimento e la confusione e sce­gliere la strada per il compimento della loro umanità. Nel­l’incontro col Mistero diventato un fatto u­mano, carnale, può i­niziare il cambia­mento. In questa pro­spettiva, Carrón cita il retore romano Ma­rio Vittorino («Quan­do ho incontrato Cristo, mi sono scoperto uomo») e sant’Agostino («Chi conosce Te, conosce sé»). La sfida per i cristiani è testimoniare Gesù come qualcosa di contempo­raneo, non riducibile a una teoria o a una serie di norme etiche da ri­spettare, ma come affascinante compagno della vita quotidiana. Per tenere desta questa consape­volezza è necessario un lavoro per­manente: è quello proposto per l’appunto dalla scuola di comunità, lo strumento di educazione alla fe­de proposto da Comunione e libe­razione in tutto il mondo. Perché o­gni uomo possa «vivere intensa­mente il reale».
«Avvenire» del 28.01.11

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